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sabato 20 febbraio 2016

Di Storia, di Storie: I rei di Stato lucani del 1799. 3. San Fele


I cittadini di San Fele, all’inizio del febbraio 1799, inviarono a Napoli, per ricevere istruzioni sull’organizzazione della nuova Municipalità, il “galantuomo” Biase Di Biase, mentre il sacerdote Emanuele Spera fu inviato ad Eboli ad incontrare il generale dell'armata francese per maggiori informazioni sulla Rivoluzione. Nel contempo, la popolazione sanfelese si riuniva nella piazza antistante la Chiesa Madre di Santa Maria della Quercia, innalzando l’albero della Libertà, in una manifestazione alla quale presero parte esponenti di ogni ceto sociale, alla presenza dell’arciprete Pietro Pellegrino – già amministratore del principe Doria - e del sacerdote Francesco Frascella, eletto Giudice di pace.
Numerosi furono i sacerdoti sanfelesi a partecipare alle attività di repubblicanizzazione nel territorio cittadino: Vincenzo Faggella, Donato Di Lorenzo, Pietro Pellegrino, Donato Pierri, Emanuele Spera, Gaetano Caputo, Vincenzo Muccia (eletto anch’egli Giudice di Pace), Sebastiano De Jacobis, Vincenzo Nigro, Francesco Frascella. San Fele, dunque, sulla spinta dell’iniziativa popolare e dei sacerdoti locali, costituì una delle prime Municipalità democratiche e popolari, presieduta da esponenti delle famiglie De Cillis, Frascella, Faggella, De Jacobis, Giannini, Santoro, Tomasulo, Stia: infatti il “Comitato” eletto fu presieduto, in tempi diversi, da Filippo De Cillis e Cesare Giannini, con Segretario Pasquale Stia e cassieri Pietro Frascella e Vincenzo Caputo.
Oltre al Comitato repubblicano, venne istituita la Guardia Civica, al fine di tutelare l'ordine pubblico, comandata da “patrioti” radicali come Michele Ludovico Pierri, Pietro Marraffino, Giovanni Caputo, Giuseppe e Marco Antonio Caputo, Domenico Mecca, Vincenzo Faggella, Giovanni Battista De Jacobis, Emanuele Spera, Matteo Tamangi, Antonio Santoro; Donato Rubino (tenente); Vito Pistolese (sergente).
La Municipalità, in un primo momento, ebbe come punto di forza la collaborazione tra i meno abbienti e la piccola e media borghesia, che aspirava a riscattarsi e liberarsi dalle spire della rendita passiva nobiliare. Tuttavia, l’adesione dei grandi proprietari terrieri alle idee repubblicane era di pura facciata, tanto che passarono alla controrivoluzione non appena braccianti e contadini reclamarono, anche violentemente, le terre usurpate, mentre i repubblicani locali cominciarono a scindersi tra moderati e radicali.
I radicali intendevano realizzare subito le promesse fatte ai contadini, a differenza dei moderati, che ritenevano di dover tutelare gli interessi padronali, indipendentemente da quelli delle classi più povere, consolidando la posizione dei gruppi più benestanti nella neonata Municipalità. I moderati, tra i quali spiccava il sacerdote Pasquale Mare, erano contrari ad ogni riforma che stravolgesse di colpo lo status quo, laddove i radicali cercavano di mantenere in piedi il progetto di nuova amministrazione cittadina ottemperando, nel contempo, ai doveri di ridistribuzione dei terreni promessi ai contadini, che ben presto passarono su posizioni antirepubblicane, delusi dalla lentezza con cui i nuovi amministratori operavano rispetto ad un’organica politica di distribuzione delle terre.
Nella seconda metà di aprile, con l’estendersi, a partire dalla zona occidentale del Lagonegrese, di iniziative sanfediste e filoborboniche, si andarono sempre più accentuando i contrasti interni tra moderati e radicali sanfelesi. Le masse popolari, vista svanire la prospettiva di ottenere la terra, si rivolsero alla propaganda sanfedista, accogliendo i componenti l’Armata “Cristiana e Reale” come difensori della fede e liberatori dai francesi.
Tuttavia, il Presidente della Municipalità sanfelese, Filippo De Cillis, alla notizia dell’avvicinarsi delle orde sanfediste a Picerno, informò i giacobini di Muro che un contingente di  sanfelesi si sarebbe diretto verso la cittadina della valle del Marmo per portare rinforzi. Nel contempo Giuseppe Capuano, componente la Municipalità, si recava ad Avigliano per assicurare le forze ivi presenti che avrebbero mantenuto un contingente di stanza a San Fele per resistere all’avanzata, dalla Puglia, dell’Armata Cristiana e Reale. Tuttavia, tra il 9 e il 14 maggio, Muro e Picerno cadevano nelle mani delle truppe sanfediste, costringendo il contingente sanfelese ad una precipitosa ritirata a San Fele, peraltro trovata già realizzata. Tra i 58 rei di Stato individuati dal Visitatore generale, marchese della Valva, spicca il nome di Cesare Nicola Gaudioso, che aveva fatto parte della Guardia Civica del suo comune. Arrestato dopo la caduta della Repubblica, venne giustiziato a San Fele il 16 luglio 1799.




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