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domenica 29 novembre 2015

Agricoltura: 20mila posti di lavoro per le nuove generazioni nelle campagne italiane

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Ci sono opportunità di lavoro nell’ agricoltura italiana per almeno 20.000 giovani con l’approvazione da parte della Commissione Europea di tutti i Piani di sviluppo rurale presentati dall’Italia. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che con il via libera comunitario prende finalmente il via un volano economico di quasi 21 miliardi di Euro fino al 2020 per le campagne con interventi regionali a sostegno non solo del primo insediamento dei giovani ma che vanno dall’ammodernamento delle imprese sino al sostegno delle filiere corte ma anche interventi nazionali particolarmente importanti, quali la gestione del rischio il piano irriguo e la biodiversità animale
I primi bandi per i giovani sono già partiti in Toscana con 1800 domande presentate da giovani mentre in Emilia Romagna, dove il bando chiuderà il 1 dicembre, le domande presentate   sino ad ora sono oltre 500 ma presto – sottolinea la Coldiretti – le opportunità si apriranno in tutte le Regioni. Gli interventi che si rivolgono a giovani agricoltori tra 18 e 40 anni non compiuti possono arrivare ad offrire – spiega la Coldiretti – fino a 70.000 euro a fondo perduto per iniziare l’attività oltre a un contributo a fondo perduto sugli investimenti aziendali che può arrivare sino al 60%. I giovani potranno accedere inoltre a tutte le altre misure previste sviluppo rurale come consulenza aziendale o la formazione con criteri di priorità.
I giovani della Coldiretti hanno costituito una apposita task force che opera anche a livello territoriale per sostenere i giovani interessati con tutte le informazioni ma anche tutor, corsi di formazione e consigli per accesso al credito. “C’è un intero esercito di giovani che sta prendendo in mano un settore considerato vecchio, saturo e inappropriato per immaginare prospettive future per costruire un Paese migliore per se stessi e per gli altri”, ha affermato Maria Letizia Gardoni delegata dei giovani della Coldiretti.
In questo contesto – ha precisato la Gardoni – i piani di sviluppo rurali (Psr) rappresentano uno strumento utile per continuare ad incrementare la presenza delle nuove generazioni nelle campagne italiane. Uno strumento che però deve essere leggibile e di facile interpretazione e che sia oggetto di semplificazione per facilitare l’avvicinamento delle giovai imprese alle opportunità offerte dal settore agricolo”. Una risposta alla crescente domanda di agricoltura da parte dei giovani che, secondo un sondaggio Coldiretti/Ixe’, nel 57 per cento dei casi oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (18 per cento) o fare l’impiegato in banca (18 per cento). Ma anche – continua la Coldiretti – un sostegno alla competitività dell’agricoltura poiché le aziende agricole condotte dai giovani possiedono, una superficie superiore di oltre il 54 per cento alla media, un fatturato più elevato del 75 per cento della media e il 50 per cento di occupati per azienda in più.
Gli interventi non si limitano pero’ solo ai giovani ma – sottolinea la Coldiretti – nei piani di sviluppo rurale regionali approvati ci sono ben 4.960 milioni di euro da destinare a investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali che contribuiranno al rilancio delle aziende agricole e forestali, favorendo un miglioramento delle prestazioni economiche, incoraggiando la ristrutturazione e l’ammodernamento delle aziende agricole nonché la diversificazione delle attività.
Non mancano pero’ – continua la Coldiretti – risorse per la sostenibilità delle produzioni e per il biologico, per l’agricoltura sociale fino alla consulenza aziendale e l’innovazione che possono sostenere la distintività ed i primati qualitativi e di sicurezza alimentare ed ambientale dell’agricoltura italiana. La ripartizione delle risorse nazionali – sottolinea la Coldiretti – ha tenuto conto dei livelli di sviluppo economico regionale: circa 9 Miliardi di euro saranno destinati alle 13 regioni/province autonome in obiettivo competitività (Bolzano, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trento, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto), circa 2 Miliardi di euro alle 3 regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna), mentre 7.4 Miliardi di euro andranno alle 5 regioni in obiettivo convergenza (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia).
Una ulteriore quota di risorse aggiuntive – precisa la Coldiretti – è prevista per l’attuazione di programmi nazionali che con circa 2.2 miliardi di Euro interverranno in ambiti strategici e comuni su tutto il territorio italiano.
“Abbiamo di fronte una occasione forse irripetibile per sostenere il grande sforzo di rinnovamento dell’agricoltura italiana e di sostenere la competitività delle impese” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “l’importanza del dialogo con la pubblica amministrazione per rendere piu’ agevole e veloce l’accesso alle misure previste dai Piani”.

IUniScuola.L’emigrazione lucana prima del fascismo



L’emigrazione aveva rappresentato, prima del Fascismo, il fenomeno che, più di ogni altro, aveva mutato il volto della Basilicata, spopolandola ampiamente e privandola delle sue forze più importanti[1].

Cause molteplici e concomitanti l’avevano fatta nascere e prosperare: dalla miseria di larga parte della popolazione alle condizioni dell’agricoltura, dalla distruzione quasi completa dell’attività di allevamento al disboscamento, dalle pessime condizioni idrogeologiche a quelle igieniche, dalla cattiva amministrazione locale alla pressione fiscale.
I dati sono raccapriccianti: si parte dai 1.102 emigrati del 1876 ai 53.592 di espatriati dal 1882 al 1887. Negli anni successivi la situazione si aggrava sino a toccare, negli anni 1896 – 1903, la cifra di 120.796 espatri, facendo della Basilicata la regione d’Italia più colpita dall’esodo migratorio dopo il Veneto.

In definitiva, tra il 1871 ed il 1911 ben 361.326 lucani lasciano la propria terra per emigrare, con una punta massima di 18.098 emigranti nel 1906. Altri 14.868 partono nel 1912 e l’anno successivo se ne contano 16.156.

Contemporaneamente interi paesi si spopolano e si dimezzano: Pignola passa da 3.600 abitanti del 1881 ai 2.500 del 1901, Laurenzana da 6.200 a 4.000, Calvello da 4.800 a 3.300, Viggiano da 5.400 a 4.200, Brienza da 5.287 a 3.731, Moliterno da 6.983 a 5.408[2]. Anche San Fele, nel circondario di Melfi, è tra i più colpiti: nel 1881 la cittadina conta 9.704 abitanti, nel 1901 ne risultano solo 6.348 e, dopo appena 5 anni, nel 1906 si raggiunge la cifra di 5.482 .

Ed è tutta la regione a spopolarsi a vista d’occhio: nel solo biennio 1899 – 1901 il 6% della popolazione si era trasferita in America ed, in alcuni Comuni, la proporzione dei maschi adulti, rispetto all’intera popolazione, era ridotta ai minimi termini[3].

Tenendo, inoltre, presente che i sociologi nordamericani avevano calcolato in 1.000 dollari (all’epoca pari a 5.340 lire) il valore produttivo apportato da ogni emigrante a beneficio del loro paese, la sola Basilicata avrebbe versato, sino agli inizi del ‘900, in America, il valore di oltre un miliardo di lire. Ed il dato è ancora più rilevante se si tiene, altresì, presente che il territorio della regione equivaleva al 3,13% della superficie del Regno e la popolazione all’1,57%, mentre la cifra degli emigrati lucani nel ventennio 1882 – 1901 raggiunse circa il 9% dell’emigrazione totale.

Particolarmente alto era anche il valore delle rimesse che gli emigranti inviavano in patria, alle proprie famiglie, integrandone il misero reddito.

Secondo i dati contenuti nell’ “Inchiesta sulle condizioni dei contadini in Basilicata e in Calabria”[4], in un solo esercizio, il 1906 – 07, oltre 218 milioni di lire vennero spediti in Italia in vaglia internazionali, dei quali circa la metà provenienti dai soli Stati Uniti, “cioè avviati in massima parte verso l’Italia meridionale e Sicilia”. Inoltre in un solo anno, il 1906, risultavano depositati a risparmio postale, per conto d’italiani all’estero, oltre 52 milioni di lire. Ed infine, nel solo anno 1907, risultavano spediti col vaglia speciale del Banco di Napoli, in servizio emigranti, circa 32 milioni di lire, in massima parte anche per il Sud e per la Sicilia.

Così concludeva l’ “Inchiesta”: “Nell’insieme si ha, nel giro di un anno, sebbene non tra identici termini, un totale risparmio approssimativo di circa 300 milioni. Non arriviamo a dire che tale cifra provenga tutta da risparmi di emigrati, né che rappresenti una media costante, ma, tenuto conto degli altri elementi incontrollabili del risparmio degli emigranti, asseveriamo che la cifra di 500 milioni può rappresentare, con grande approssimazione al vero, il risparmio annuo degli emigranti avviato in Italia, e nella maggior parte prodotto dagli emigrati meridionali. In Basilicata e Calabria entrano ogni anno molti milioni: forse oltre quaranta. L’industria più importante è dunque l’emigrazione.”

Un particolare cenno merita, infine, l’emigrazione femminile che, a differenza di quanto comunemente si pensa, fu piuttosto cospicua ed in continuo aumento, spesso richiamata da quella degli uomini partiti precedentemente. Così nella regione si passò dalle 193 donne emigrate nel 1876 alle 5.565 del 1901[5].

Il continente americano, soprattutto gli Stati Uniti, per la forte richiesta di manodopera non qualificata, rappresenta, dunque, la meta privilegiata dei lucani che lasciano la propria terra in cerca di fortuna, ma anche l’Argentina ed il Brasile con i loro immensi territori ancora non sfruttati vengono raggiunti da molti[6].

Nel solo anno 1900, secondo i dati del Commissariato Generale dell’Emigrazione, su un totale di 10.797 emigranti lucani, ben 4.730 sono diretti verso gli Stati Uniti, 2.924 in Argentina e 2.401 in Brasile[7].

I viaggi, che durano anche 30 – 40 giorni, costano, spesso, la vita a non pochi lucani per le difficilissime condizioni igieniche e di spazio con cui essi avvengono. Molti muoiono per asfissia, avvelenamento, fame o uccisi dalle malattie (malaria, polmonite, scabbia) che imperversano a causa dell’affollamento, della mancanza di igiene e del vitto scadente.

A nulla serve la presenza sulle navi di ben due sanitari, il medico di bordo e quello militare, perché il primo, essendo pagato dalla compagnia di navigazione, non ha alcun interesse a rilevare i problemi, mentre il secondo, per non mettersi in contrasto col collega e per ovvi motivi di convenienza, finisce con l’aderire alla tesi dell’altro.

All’arrivo, per i “birds of passage”(“uccelli di passo”, così erano chiamati dai poliziotti americani i lucani, insieme ai molisani ed ai calabresi) i problemi non erano terminati.

Dopo aver fatto sosta (proprio come uccelli migranti) fra conoscenti, amici o parenti della colonia italiana a New York, coloro che non vi si fermavano proseguivano verso altre mete: Boston, San Francisco, Chicago, o ancora più lontano.

Ma solo dopo aver avuto il proprio cartellino numerato, con il nome, una lettera dell’alfabeto ed una cifra, solo dopo aver sostenuto un “interrogatorio” sulla mancanza di un precedente contratto di lavoro e dopo aver passato le visite mediche, solo allora sulla tessera personale veniva impresso il timbro “admitted” e si poteva iniziare a sperare.

Le difficoltà erano sempre le stesse, innanzitutto quelle di inserimento nelle nuove realtà delle grandi metropoli, tanto diverse dai piccoli paesi di origine, poi i lavori più umili e malpagati, le difficilissime condizioni abitative e sanitarie[8], tutto contribuiva alla selezione dei più forti e dei più motivati.

I più deboli pagavano duramente l’avventura americana, anche dal punto di vista psichico. Si calcola che dal 1888 al 1906, nel solo Stato di New York, vennero ricoverate 97.293 persone nei manicomi ordinari e 2.376 in quelli criminali. Di questi il 45% era straniero: l’1,84% dei pazzi ordinari ed il 7,7% di quelli criminali era di nazionalità italiana[9].

Anche la malattie non risparmiavano i nuovi arrivati, soprattutto la tubercolosi.

Nella parte bassa di New York, la “down town”, vi era una strada, la “Cherry Street”, piena di panni stesi ad asciugare, detta la “via del polmone”. Ma si trattava di un polmone malato perché piena di tisici. I dati, anche qui, sono raccapriccianti: la mortalità dei bambini inferiori ai 15 anni era di 51 ogni 100.000, inferiore solo a quella dei bambini negri, doppia rispetto ai bimbi americani. Gli adulti, quando potevano, tornavano a morire in Italia: la percentuale dei tubercolosi rimpatriati sulla popolazione presente al 1908 in Basilicata era pari al 24 per mille, inferiore solo a quella del 26 per mille dei calabresi[10].

Di qui la nascita delle prime associazioni di mutuo soccorso tra gli emigranti, la conservazione dei costumi e dei valori di provenienza. Di qui le “Little italies”, nate nelle grandi città americane e dove le strade riacquistano le funzioni delle piazze di paese con la vita che scorre insieme al vociare della gente, dove si continuano a festeggiare i Santi Patroni di paesi natii con confraternite organizzate appositamente[11].

New York è indubbiamente la meta preferita, subito dopo viene la Pennsylvania, il New Jersey, il Massachussetts, la California, l’Illinois, la Louisiana, il Connecticut e Rhode Islands.

I nuovi arrivati dalla Basilicata si lanciano spesso in attività ben precise: a New York in lavori di sterro, a Trenton nel New Jersey nel lavoro in fabbriche di fili di ferro (gran parte sono provenienti da San Fele), a Filadelfia e Boston nelle ferrovie e nelle miniere, a New Orleans nell’elettricità (gran parte degli elettricisti lucani sono originari di Maratea), a Chicago e San Francisco nel lavoro in fabbrica.

Ma tutti i lavori sono buoni per sopravvivere e così si diventa straccivendoli, lustrascarpe, spazzini, materassai, gessatori. Anche la donne si danno da fare: sarte, pantalonaie, occhiellaie, domestiche, lavapiatti, stiratrici.

E così inizia la ricerca della fortuna e la scalata dei lucani nella società americana, una storia che non è ancora stata scritta completamente.

(Tratto da: Michele Strazza, Emigrazione e fascismo in Basilicata. Gli emigrati lucani negli Stati Uniti e l’appoggio al fascismo, Tarsia Editore, Melfi 2004)

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[1] Secondo Francesco Saverio Nitti (Inchiesta sulle condizioni dei contadini in Basilicata e in Calabria, in: Scritti sulla questione meridionale, Vol. IV, Laterza Ed., Bari 1968) questo enorme movimento migratorio, che non ebbe precedenti nella storia italiana, costituì la causa modificatrice più profonda dell’assetto economico, morale e sociale del meridione, all’infuori di ogni influenza del Governo e della borghesia.

[2] I dati sono tratti da: Regione Basilicata, Dip.to Programmazione, Compendio Statistico 1996 della Regione Basilicata, Potenza 1996, Popolazione censita in Basilicata per Comune dal 1861 al 1991.

[3] Il problema dello spopolamento della regione e della diminuzione della popolazione maschile è presente anche nel famoso libro di Carlo Levi, “Cristo si è fermato ad Eboli”(Edizioni Mondadori 1976): “Gagliano ha milleduecento abitanti, in America ci sono duemila gaglianesi. Grassano ne ha cinquemila e numero quasi uguale di grassanesi sono negli Stati Uniti. In paese ci restano più donne che uomini.”L’autore si sofferma anche sugli effetti dell’emigrazione sul tessuto familiare e sociale: “Gli uomini mancano e il paese appartiene alle donne. Una buona parte delle spose hanno il marito in America. Quello scrive il primo anno, scrive anche il secondo, poi non se ne sa più nulla, forse si fa un’altra famiglia laggiù, certo scompare per sempre e non torna più. La moglie lo aspetta il primo anno, lo aspetta il secondo, poi si presenta un’occasione e nasce un bambino. Gran parte dei figli sono illegittimi: l’autorità delle madri è sovrana.”

[4] Francesco Saverio Nitti, Inchiesta sulle condizioni dei contadini in Basilicata e in Calabria, in: Scritti sulla questione meridionale, Vol. IV, Laterza Ed., Bari 1968.

[5] Commissariato Generale dell’Emigrazione, Annuario Statistico dell’emigrazione dal 1876 al 1925, Roma 1926.

[6] Ha scritto Carlo Levi (op. cit.):“L’altro mondo è l’America. (…) Non Roma o Napoli, ma New York sarebbe la vera capitale dei contadini di Lucania, se mai questi uomini senza Stato potessero averne una”.

[7] Commissariato Generale dell’Emigrazione, Annuario Statistico dell’emigrazione dal 1876 al 1925, Roma 1926.

[8] Le difficili condizioni sanitarie di vita degli emigrati erano aggravate da un istituto, “il bordo”, che favoriva l’affollamento abitativo e, perciò, il diffondersi di malattie pericolosissime come la sifilide e la tubercolosi le quali prosperavano in condizioni malsane e promiscue. L’immigrato, infatti, per l’alto costo degli affitti, aveva la possibilità di sub affittare dei posti letto a scapoli o ammogliati con la famiglia rimasta in Italia, chiamati, appunto, “bordanti”. Il loro numero variava da 1 a 15 a casa, non in relazione allo spazio, ma al bisogno di alleggerire il peso del fitto che arrivava a portare via anche il 40% dell’intero salario.

[9] I dati sono riportati in Nino Calice, Le amate sponde, frammenti di una identità regionale, Calice Editori, Rionero 1992.

[10] Ivi. Secondo le notizie riportate dal Calice, nella maggior parte dei casi, la comparsa dei primi sintomi della tubercolosi avveniva dopo 3-6 anni dallo sbarco e colpiva soprattutto le donne e i giovani. La malattia risaliva a condizioni di povertà, di lavori faticosi e protratti per 12 – 14 ore di seguito, di sovraffollamento domestico. La struttura abitativa tipica dei quartieri italiani era, infatti, il “tenement”, edificio di 6 – 7 piani con appartamenti nudi e bui, riscaldati con vecchie stufe a carbone, in condizioni igieniche precarie, con una sola latrina per ogni piano, promiscui e sovraffollati.

[11] Osserva Stefano Luconi (“Buy Italian”. Commercio, consumi e identità italo – americana tra le due guerre, in: “Contemporanea”, Mulino Editrice, anno V, n.3, luglio 2002): “Gli immigrati italiani negli Stati Uniti portarono con sé quel senso campanilistico di appartenenza alla propria regione e alla propria provincia, se non addirittura al proprio villaggio, che derivava dal secolare ritardo nel completamento del processo di unificazione nazionale in Italia. Giunti in America attraverso catene migratorie dietro sollecitazione di parenti e amici che li avevano preceduti, i nuovi arrivati si stabilivano presso questi familiari e conoscenti dando vita a insediamenti basati su legami di villaggio. Le Little Italies delle principali città statunitensi si svilupparono quindi non come comunità nazionali omogenee ma come aggregati di colonie a carattere locale, ciascuna delle quali raccoglieva immigrati provenienti da uno stesso paese o da una medesima provincia. (…) I residenti di ognuna di queste colonie parlavano quasi tutti uno stesso dialetto, quello del loro luogo natale, e acquistavano anche beni di consumo presso empori e negozi di quartiere gestiti dai loro compaesani”.

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venerdì 27 novembre 2015

Il miracolo di San Giustino

Nella portentosa vita di San Giustino ci fu anche un episodio avvenuto a Fasano, che ebbe per protagonista un nostro concittadino. Lo rivela il libretto San Giustino De Jacobis e Oria, scritto dall’oritano Antonio Benvenuto e pubblicato a cura della Casa della Missione Vincenziana di Oria, per onorare la memoria del Santo che trascorse diversi anni della sua vita terrena nel bel paese brindisino. Giustino De Jacobis, che era nato a San Fele, in Basilicata, il 9 ottobre del 1800, entrò a 21 anni nell’Ordine di San Vincenzo de’ Paoli e, appena terminati gli studi, fu trasferito appunto nella Casa di Oria. Fu proprio dall’antica capitale della Messapia che Giustino irradiò la sua benefica opera di sacerdote e di apostolo della fede sia nel Salento che in Terra di Bari, con avvenimenti che fecero gridare più volte al miracolo. Rifacendosi a un testo di padre Salvatore Pane uscito a Napoli nel 1949, Vita del Beato Giustino De Jacobis, Antonio Benvenuto riporta nel suo libriccino una elencazione di alcuni «fatti mirabili» operati dal futuro Santo, scelti tra i più clamorosi. Sono storie di prodigi, guarigioni, apparizioni, bilocazioni, conversioni impossibili e accadimenti straordinari, che hanno per scenario Monopoli, Erchie, Torre Santa Susanna, Surbo, Monteroni, Lecce, Squinzano e... Fasano. Ecco, nelle parole di Benvenuto, il racconto dell’episodio che ci interessa direttamente, accaduto nel 1831:
«Mentre Padre Giustino era in Monopoli per cominciare un sermone ai fedeli, ivi chiamato dal clero locale, un messo di un suo penitente arrivò di gran carriera informandolo che il suo padrone signor Michele Pepe di Fasano era in imminente pericolo di vita. Terminata la predica, a serata già inoltrata, si mise a cavallo e si diresse a Fasano alla luce di una modesta lanterna che era stata portata dal messo. Ad un tratto un colpo di vento spense la fioca lanterna e si fece buio pesto, essendo impossibile proseguire poiché a causa del cielo coperto nulla era visibile. Il messo, intimorito da quel buio pesto, tremava di paura. San Giustino, che aveva capito la preoccupazione del servo del suo penitente, gli disse di non avere paura e lo invitò alla preghiera, a recitare “Ave Maris Stella”. Appena intonata la preghiera una fioca luce avvolse i due viandanti, consentendo loro di procedere sino alla casa dell’ammalato. Alla presenza dei familiari, Padre Giustino, dopo aver confessato il suo penitente e dopo aver pregato, disse loro di preparargli una tazza calda di brodo, anche perché aveva trovato grazia agli occhi di Dio e per il momento non sarebbe morto. Visse per altri trent’anni. San Giustino da quel giorno fu identificato anche come “Portatore di luce”».
Chi era il “miracolato” Michele Pepe? Forse un parente di Ignazio Ciaia, la cui mamma era una Pepe? Qui necessiterebbe uno specifico approfondimento, che rinviamo ad altra occasione. Fatto sta che Giustino, il quale visse sempre «all’ombra di madonna povertà», andò poi missionario in terra africana e divenne vescovo in Abissinia. Morì nel 1860 dopo una vita interamente spesa al servizio di Cristo e degli uomini. Il processo di beatificazione, iniziato nel 1891, si concluse nel 1939. Il 26 ottobre del 1975, infine, fu fatto Santo dal papa Paolo VI. (g.q.)

giovedì 26 novembre 2015

Segnalazione al Prefetto di Potenza e alla Procura della Corte dei Conti


Assunzioni e raggiri
Come gruppo consiliare l'Alternativa, abbiamo scritto al Prefetto di Potenza e alla Procura della Corte dei Conti in merito alle 2 assunzioni di categoria C a tempo determinato (12 mesi) che l'amministrazione comunale intende effettuare nell'immediato. Per quanto non abbiamo nulla contro le persone già individuate, tutta la procedura di assunzione ci sembra un chiaro e palese raggiro della norma ed un favoritismo ingiustificabile ed è per questo motivo che ci siamo rivolti al Prefetto. I fatti: l'amministrazione comunale intende assumere 2 unità lavorative e per questo motivo ha prima rideterminato la pianta organica, poi ha chiesto parere al Ministero degli interni (Dipartimento degli Affari Territoriali) sul numero complessivo di unità da tenere in pianta organica. Una volta assodato che c'è capienza, l'Amministrazione ha chiesto al Ministero dell'Interno se per le assunzioni di due unità aventi profilo professionale di istruttore informatico si poteva utilizzare la graduatoria del concorso bandito nel 2008 per, appunto, Istruttore informatico cat. C. Fin qua non ci sarebbe nulla da dire se non che le unità lavorative non saranno destinate ai servizi informatici, altrimenti il comune di San Fele si ritroverebbe con 3 (dico tre) istruttori informatici (ed è ovvio che un comune di solo 3.000 abitanti non può tenere 3 istruttori informatici), ma ad altri compiti, sempre di categoria C quali: compiti dell'ufficio tecnico e compiti del settore finanziario. Chiaro che per questi ultimi compiti la figura richiesta è sempre
I Consiglieri Comunali de L' ALTERNATIVA: CARRIERO Vitantonio, MASI Gianmario, FARUOLO Vittorio, CARNEVALE Giovanni
quella di istruttori e sempre di categoria C. Ora, ed è qui l'inghippo, i requisiti per espletare le funzioni di istruttore amministrativo, contabile, tecnico, sono sempre: Diploma di scuola media superiore. Sarebbe a dire che per svolgere i compiti ai quali saranno chiamati i neo assunti, basta un semplice diploma. In altri termini se vi fosse un concorso o altra procedura di selezione, oggi, tutti i diplomati potrebbero partecipare alle selezione per l'assunzione di queste benedette unità. In ogni caso, se il requisito di accesso al concorso del 2008 fosse stato semplice diploma, oggi non staremmo qui a scrivere ma i requisiti di accesso per il concorso del 2008 erano: Diploma di Perito Informatico o Perito Informatico. Come dire: si vogliono assumere 2 unità da destinare a compiti per cui è richiesto un semplice Diploma ma si vanno a selezionare da un graduatoria nel quale c'erano requisiti specifici. A noi sembra un raggiro bello e buono ed è a danno di ogni singolo Diplomato di San Fele che, con una procedura diversa, oggi potrebbe partecipare alle selezioni delle due unità di categoria C. A noi, per la precisione, sembra un raggiro bello e buono anche nei confronti del Ministero ai quali è stato chiesto un parere per l'assunzione di 2 unità con profilo di Istruttore Informatico anche se si sapeva che per queste figure posto non ce n'era e che sarebbero stati destinati ad altro. Ora per farla breve, chiediamo, come abbiamo già fatto col Prefetto, di fermare questa procedura ed individuare una nuova procedura di reclutamento che tenga conto di compiti e requisiti coerenti e che sia rispettosa e trasparente nei confronti dei tanti giovani di San Fele che sono in possesso di un Diploma. Chiudiamo con una riflessione: tutta questa pratica c'è sembrata assolutamente intenzionale e che Sperduto ricorra a questi espedienti non ci meraviglia affatto ma Sperduto per mettere in piedi tutto ciò ha avuto l'avallo dell'intera Giunta, e questo avallo già ci meraviglia un pò di più. Ci meraviglia un pò di più poiché oltre alla presenza di abituè dell'amministrazione, in giunta ci sono presenze politiche nuove di zecca come l'assessora Carlucci e l'Assessora Pascale. Che anche queste ultime, neofite della politica, si prestino a pratiche così becere ci sembra veramente fuori luogo ma tantè, si vede che la "sperdutite" è un pò più contagiosa di quello che pensavamo. Ed ora, la svolta.

Vito Del Monte Spett. Franco Del Monte quale ex compagno e PROMOTORE di lotte di PILITICA LOCALE, Spett.Franco Lorenzo ex amico di infanzia e compagno di scuola (nn so se fai parte col tuo partito in opposizione) E tutti voi di OPPOSIZIONE IN CONSIGLIO COMUNALE, VI RAMMENTO KE IO STESSO SBRAITAVO CONTRO LE STESSE FANTOMATICHE ELEZIONI e precisamente contro coalizione Sperduto-Pierri ma oggi ke sino a santfel vero il mio paesello deserto e allo sbaraglio senza vita futura.Pertanto, vi ricordo ke, non è l ' amministrazione ke governa ma ; l 'OPPOSIZIONE.NON FATE E NON DITE COME " I GNORRI" SE L 'AMMINISTRAZIONE NN LAVORA O NON SEGUE LE VIE GIURIDICHE AMMINISTRATIVE, NEL RISPETTO DEI POCHI CITTADINI RIMASTI A SAN FELE DOVETE CHIEDERE LO STESSO SCIOGLIMENTO E CHIEDERE UN NUOVO COMMISSARIAMENTO. SE NN RIUSCITE A FARE QUESTO ALMENO STATE ZITTI E RIMANETE SUCCUBE AL VOLERE DI CHI SI CELA DIETRO SPERDUTO-PIERRE. da emigrante vi saluto cordialmente Vito Del Monte

Christian Di Giacomo  ha scrtto su Facebook : Certo che la CGIL del Vulture - Melfese è proprio strana. Doveva scorrere la graduatoria il Comune di Melfi per 2 unità di vigilanza e si batte per il no, la scorre il Comune di Rionero in Vulture per 1 unità di vigilanza e tutto tace (la 2' in graduatoria -preciso che non è di San Fele- viene assunta da tale comune a tempo indeterminato), adesso, si vuole attingere alla graduatoria per istruttore informatico (per 1 anno) e risorge. Sarà che non vanno bene i sanfelesi o cosa?



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Comunicazioni su assunzioni 2 unità categoria C - profilo Istruttore Informatico Comune di San Fele, 
esposto del Gruppo Consiliare  "L'Alternativa".

LINK:

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Allegato COMUNICAZIONI ASSUNZIONI22122015.pdf14.23 MB

Email ex-dipendente: obbligo di chiusura e comunicazione

In caso di dimissioni o licenziamento di dipendenti l’email aziendale assegnata loro deve essere chiusa, illegittimo per il Garante della Privacy l’inoltro automatico ad un altro account.

lavoro deve comunicare ad eventuali terzi la chiusura degli indirizzi email, segnalando un account aziendale In caso di licenziamento o dimissioni del dipendente l’email aziendale va chiusa e il datore di alternativo al contatto utilizzato fino a quel momento. Diversamente, ovvero qualora il datore di lavoro mantenga in essere le email di lavoratori non più alle proprie dipendenze, ad essere violato è il Codice della privacy.
Il Codice privacy vieta altresì il mantenimento in essere gli account di posta elettronica a nome di un lavoratore cessato con l’inoltro automatico dei messaggi ricevuti verso la casella di un altro dipendente in servizio. A precisarlo è stato il Garante per la Privacy con il provvedimento 450/2015 rispondendo alle proteste di alcuni ex dipendenti che lamentavano il fatto che il proprio ex datore di lavoro avesse mantenuto in essere l’indirizzo di posta allora segnato nel corso del lavoro svolto all’epoca reindirizzare messaggi ricevuti verso la casella di posta di un altro lavoratore attualmente impiegato presso l’azienda.
In realtà nel caso in esame la società aveva annunciato, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, che gli account di posta elettronica sarebbero stati chiusi. Questo poi non era avvenuto, anzi il datore di lavoro aveva monitorato gli account per un periodo di tempo g significativo senza informare gli ex dipendenti.
Il Garante ha quindi dichiarato illegittimo il trattamento dei dati personali effettuato dalla società in violazione degli artt. 11, comma 1, lett. a) e b) e 13 del Codice, ai sensi degli artt. 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d), del Codice disponendo, come richiesto dagli ex dipendenti la disattivazione dei menzionati account.
Infatti ricorda l’Authority:
“Il datore di lavoro, pur avendo la facoltà di verificare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa ed il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro da parte dei dipendenti, deve in ogni caso salvaguardarne la libertà e la dignità e, in applicazione dei principi di liceità e correttezza dei trattamenti di dati personali, informare in modo chiaro e dettagliato circa le consentite modalità di utilizzo degli strumenti aziendali e l’eventuale effettuazione di controlli anche su base individuale”.

lunedì 23 novembre 2015

Progetti di riqualificazione delle aree urbane degradate:“Condivisione, trasparenza e rigore”



FORUM by e-mail sul  bando "Progetti di riqualificazione aree urbane degradate" DITELO al C.S.R.C per senior info 388.3642614 oppure scrivere anzaniipiazza@libero.it



[Risorse ai Comuni italiani per interventi per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate. E' stato infatti  pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 26 ottobre 2015 il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 ottobre 2015 recante "Interventi per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate".
Al Decreto, di cui il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio è proponente, è allegato il bando per la presentazione di proposte per la predisposizione del "Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate" in attuazione dell'articolo 1, commi 431, 432, 433 e 434 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Il bando stabilisce le modalità per la presentazione, da parte dei Comuni, di progetti di riqualificazione che potranno riguardare sia la riqualificazione urbanistica sia la riqualificazione socio culturale di aree urbane particolarmente difficili.
La dotazione del Fondo per l'attuazione del Piano nazionale è di euro 44.138.500,00 per il 2015 e di euro 75.000.000,00 per  ciascuno degli anni  2016 e 2017, per complessivi euro 194.138.500,00.
Sono ammessi a presentare i progetti e domanda di finanziamento, entro il 30 novembre 2015, i Comuni che abbiano nel loro territorio la presenza di aree urbane degradate.
Sul sito istituzionale dell'ANCI sono pubblicati i dati statistici di tutti i comuni e ad un foglio excel che permette di calcolare l'indice di disagio sociale e l'indice di disagio edilizio, unitamente alle Faq sul bando.
Le domande devono essere inviate entro il termine perentorio del 30 novembre 2015 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per le pari opportunità a mezzo posta elettronica certificata al seguente indirizzo:areeurbane.po@pec.governo.it
Eventuali quesiti da parte dei Comuni interessati potranno essere inviati esclusivamente a mezzo mail all'indirizzoareeurbane.po@pec.governo.it
Si precisa che la risposta ai quesiti di carattere tecnico, urbanistico, architetturale e ingegneristico sarà fornita per il tramite del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.]


Documenti:

Approfondimenti:

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domenica 22 novembre 2015

REGIONE BASILICATA:ALTRI 4,5 MILIONI DI EURO PER 91 PROGETTI NEI COMUNI

      IL COORDINAMENTO PROVINCIALE  PARTECIPANTI CS.R.C.PER SENIOR                      CON SEDE IN SAN FELE (PZ) -VICOLO I Piazza GARIBALDI - CAP 85020                Tel.3883642614 TI INFORMA ON LINE


  

“Fondi utili al miglioramento dei Servizi di Base previsti dalla Misura 321. Rimane alta l’attenzione al sociale e al miglioramento della qualità della vita nei nostri paesi”.

La graduatoria definitiva del Bando “Servizi essenziali per la popolazione e l’economia rurale” – Servizi di base comunali – PSR 2007/2013 è stata approvata dalla Giunta regionale.
“Solo 30 i giorni passati dall’uscita del bando – rende noto l’assessore alle Politiche agricole e forestali, Luca Braia – all’approvazione della graduatoria e, quindi, alla possibilità di ritirare i decreti che riguardano la Misura 321. Ben 91 sono le domande ammesse e finanziabili sulle 100 domande pervenute, per un importo complessivo di circa 4,5 Milioni di euro su i 5M euro messi a disposizione dal bando.”
Sono state ammesse e finanziate le domande dei Comuni di: Acerenza, Aliano, Atella, Bernalda, Calvello, Campomaggiore, Castelgrande, Castronuovo di Sant’Andrea, Cirigliano, Episcopia, Forenza, Gallicchio, Garaguso, Gorgoglione, Grassano, Irsina, Lagonegro, Latronico, Laurenzana, Maratea, Matera, Melfi, Miglionico, Montescaglioso, Noepoli, Nova Siri, Oliveto Lucano, Oppido Lucano, Pietragalla, Pietrapertosa, Pisticci, Policoro, Pomarico, Rapolla, Rapone, Ripacandida, Rotonda, Rotondella, Ruvo del Monte, Salandra, San Chirico Nuovo, San Chirico Raparo, Sant’Angelo Le Fratte, Sarconi, Sasso Di Castalda, Stigliano, Teana, Terranova del Pollino, Tolve, Tramutola, Trichina, Tricarico, Tursi, Potenza, Abriola, Accettura, Albano di Lucania, Banzi, Baragiano, Bella, Brienza, Brindisi di Montagna, Castelluccio Inferiore, Corleto Perticara, Fardella, Genzano di Lucania, Guardia Perticara, Lauria, Marsico Nuovo, Montalbano Jonico, Muro Lucano, Nemoli, Palazzo San Gervasio, Picerno, Pignola, Rivello, Tito, Savoia di Lucania, Satriano di Lucania, Sant’Arcangelo, San Mauro Forte, San Fele, Ruoti, Trivigno, Venosa, Avigliano, Anzi, Maschito, Barile, Ginestra, San Martino D’Agri.
I Comuni della Regione Basilicata risultati beneficiari del Bando potranno così continuare il percorso di rafforzamento delle strutture e degli spazi a servizio delle comunità rurali mediante piccoli interventi su strutture pubbliche già esistenti.
Ciascun comune aveva la possibilità di presentare una istanza di importo non superiore a 60mila euro, la cui spesa deve essere tassativamente effettuata entro il 2015. I beneficiari, pertanto, dovranno terminare la procedura, comprensiva di domanda di pagamento e saldo entro il 30 novembre 2015.
“I tanti progetti presentati – sottolinea l’Assessore Luca Braia – sono finalizzati a investimenti su strutture sportive e ricreative, attrezzature per centri per anziani e ludoteche. Alla vigilia dell’approvazione del PSR 2014-2020 che partirà con l’attivazione delle misure dirette agli agricoltori, rimane alta l’attenzione al sociale e al miglioramento della qualità della vita nei nostri paesi.
Molti, inoltre, i comuni che hanno presentato progetti per interventi attraverso cui ampliare le opportunità di accesso e di adozione delle tecnologie di informazione e comunicazione nei territori e nel contesto produttivo rurale grazie alle ICT e per realizzare hot spot wifi che saranno messi a disposizione, con libero accesso, alle popolazioni rurali. Una Basilicata rurale, quindi, che mette a disposizione l’accesso ad Internet come servizio a cittadini e turisti insieme a tutte le opportunità economiche che così possono aprirsi. Richiamo ora alla corresponsabilità tutti i Comuni interessati per accelerare i lavori e terminare nei tempi richiesti, mentre contemporaneamente in Dipartimento stiamo correndo per evitare il disimpegno e per avviare nel migliore dei modi possibili una nuova stagione in agricoltura, che spero sia di reale svolta.
FONTE AGR

sabato 21 novembre 2015

Dal 28 novembre scattano Sinergie lucane

"Divertimento sano e per tutti", iniziativa presentata a Potenza


 Promuovere "forme di divertimento sano e per tutti, contribuendo a contrastare gli eccessi a partire da quelli legati all'uso inconsapevole di alcool e sostanze stupefacenti". Sono gli obiettivi di un programma di organizzato a Potenza da "Sinergie Lucane" , con eventi sportivi, artistici, teatrali e musicali, azioni di solidarietà, di accoglienza e di inclusione sociale. Il primo appuntamento è il prossimo 28 novembre, con la rassegna corale regionale "In...canto Basilicata".fonte ansa

mercoledì 18 novembre 2015

IRPEF, aliquote a confronto: Italia maglia nera

Una famiglia italiana con reddito di 30mila euro paga in media 738 euro in più di IRPEFrispetto a una famiglia spagnola, intorno ai 50mila euro la differenza di tasse sale a quasi 3mila euro: sono i calcoli di un’indagine dell’ufficio studi LEF (associazione per la Legalità e l’Equità Fiscale) relativa all’imposta sui redditi in Francia, Italia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti d’America. Risultato:
«il divario fra quello che paga il contribuente italiano (sia il singolo che la famiglia) e quello che pagano a parità di condizioni gli omologhi contribuenti francesi, inglesi, spagnoli ed americani è considerevole».
Più IRPEF
Un contribuente singolo con reddito fino a 30mila euro in Italia paga 7.479 euro di IRPEF. Il paese in cui il livello delle tasse è più vicino a quello italiano è la Spagna, dove un contribuente in analoghe condizioni paga 6.773 euro (differenza di 706 euro), mentre il gap con gli altri paesi considerati è più ampio: 4.118 euro in più rispetto alla Francia (importo tasse 3.336 euro), 4.143 euro in più rispetto agli USA (imposta di 3.361 euro), 4.372 euro in più rispetto al Regno Unito (imposte 3.107 euro).
La differenza sale per i redditi più alti, raggiungendo il top a quota 50mila euro, mentre oltre questa soglia la curva torna a scendere: il contribuente che guadagna 50mila euro in Italia paga un’IRPEF pari a 16.309 euro, 8.800 euro in più rispetto a un contribuente statunitense e 1.848 euro in più rispetto a quello spagnolo.
Se poi si analizza una famiglia con tre figli, le differenze sono ancora più marcate: con un reddito di 30mila euro, c’è una differenza di tasse pari a 728 euro rispetto alla famiglia spagnola e di 5.153 euro rispetto a quella americana, mentre se il reddito è di 50mila euro il gap è di 2.839 con la Spagna e di 11.612 euro con gli USA.
Meno IRPEF
Su redditi di 20mila euro la situazione cambia. Una famiglia italiana con tre figli a carico di un lavoratore dipendente che guadagna 20mila euro, paga meno tasse che in Francia (-319 euro), Gran Bretagna (-1214), Spagna (-1281), mentre continua a pagare più che negli Stati Uniti (1.390). Se invece la stessa famiglia vive con una pensione di 20mila euro all’anno, paga comunque meno tasse rispetto a Francia e Spagna, ma con un gap molto ridotto (rispettivamente, 80 e 13 euro). Fra i motivi della differenza fra il carico fiscale di un dipendente e un pensionato, c’è l’impatto del bonus di 80 euro (la detrazione fiscale per i redditi da lavoro dipendente fino a 26mila euro).
Per i redditi più bassi, fino a 8mila euro non si paga nulla, mentre poco sopra questa cifra in realtà per effetto delle detrazioni l’imposta è in genere negativa. I redditi sotto i 10mila euro sono tendenzialmente esenti in tutti i paesi, con alcune eccezioni (che comunque dipendono dalla composizione del nucleo familiare in relazione al modo in cui funzionano le tasse sui redditi nei diversi paesi). In Italia, un lavoratore dipendente singolo che guadagna 10mila euro va in credito di 327 euro, in Spagna invece paga 1195 euro di tasse, negli Usa 497 euro. Se però, con lo stesso reddito, il lavoratore ha tre figli, niente tasse in Francia, Spagna e Regno Unito, mentre in Italia c’è un credito fiscale di 837 euro che negli USA sale a 2.703 euro.

Calcolo dell'imponibile IRPEF di famiglie e single in Italia, Europa ed USA: tasse sui redditi a confronto per scaglioni di reddito.

Gli elementi essenziali che risultano da tutti questi dati secondo l’ufficio studi LEF: l’Italia applica aliquote più elevate rispetto agli altri paesi analizzati, in particolare sui redditi fra 20mila e 50mila euro.
Il meccanismo di tassazione non salvaguarda la famiglia e non protegge in modo omogeneo i redditi più bassi, fino a 20mila euro. Non solo: in Italia c’è anche un’alta evasione fiscale, con il risultato che il peso delle tasse è ancora più alto per i contribuenti onesti. Fra l’altro, il problema non riguarda solo le tasse sui redditi, quindi l’IRPEF, ma anche l’IVA: il rapporto fra IVA evasa e teoricamente riscuotibile, è pari al 33,6%, contro l’8,9% della Francia, il 9,8% del Regno Unito e il 16,5% della Spagna. Nel solo 2013, questo ha significato per le casse dello stato 47,5 miliardi di euro, che si trasforma in un’evasione quantitativamente comparabile delle imposte sui redditi e determina una crescita progressiva delle aliquote IRPEF. In parte, questo provoca anche un aumento delle agevolazioni, con una conseguenze uscita dalla progressività di importanti componenti di reddito, sui cui si applicano aliquote fisse (redditi da capitale, cedolare secca, regime dei minimi).
Proposte
·         riduzione aliquote per redditi medi e bassi (fino a 50mila euro);
·         riduzione deduzioni, detrazioni e crediti;
·         eliminazione detrazioni decrescenti al crescere del reddito;
·         razionalizzazione ed omogeneizzazione imposta dovuta dai redditi più bassi;
·         sostegno a famiglie e redditi bassi con trasferimenti diretti in denaro, impiego di più aliquote (modello USA) o qualcosa di analogo al quoziente familiare francese, che misura il reddito imponibile complessivo della famiglia diviso per il numero dei suoi componenti).

Fonte: studio FEL sulla comparazione internazionale IRPEF

martedì 17 novembre 2015

Incentivi Sud, condanna per uso improprio

Incentivi fiscali per le aziende del Sud legittimi solo se radicate nel Mezzogiorno, l'impresa rischia una condanna per compensazione indebita d'imposta: la sentenza della Cassazione

Nel corso degli anni il Governo ha previsto incentivi appositamente studiati per le imprese del Mezzogiorno, con lo scopo di colmare l’annoso divario Nord-Sud. Ma esistono imprenditori che se ne approfittano, usufruendo degli incentivi fiscali pensati per il Mezzogiorno per attività che, pur avendo la sede legale al Sud, sono attive in tutto il territorio nazionale con cantieri sparsi in tutta Italia. D’ora in poi comportamenti di questo genere, che certo non portano alcun giovamento al Sud, verranno sanzionati sulla base di quando sancito dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 45279/2015: l’impresa rischia una condanna per compensazione indebita d’imposta.
Il caso in esame ha portato al sequestro a carico del titolare di un’azienda edile che aveva usufruito degli incentivi destinati alle strutture produttive ubicate al Sud ma che, essendo a vocazione geografica diffusa, pur avendo la sede legale a Siracusa, non  radicamento territoriale nel Meridione. La società, infatti, non aveva alcuno stabilimento, linea di produzione, reparto, ufficio operativo o amministrativo, né tanto meno dipendenti della società in Sicilia e più in generale al Sud.
La Corte Suprema ha quindi confermato la decisione Tribunale del riesame di Siracusa, che aveva respinto la richiesta di riesame proposta dall’impresa nei confronti del decreto di sequestro preventivo disposto nei confronti dello stesso per il delitto di cui all’art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Fonte: Sentenza della Cassazione

lunedì 16 novembre 2015

Pensione: i nuovi coefficienti in vigore dal 2016

Calcolo pensione 2016 con il sistema contributivo in base ai nuovi coefficienti di trasformazione: come si calcola il montante contributivo, quali aliquote applicare e i nuovi parametri da utilizzare.

Dal 1° gennaio 2016 i divisori e i coefficienti di trasformazione da adottare per stabilire la pensione annua con il sistema di calcolo contributivo sono stati rideterminati (decreto 22 giugno 2015, GU n. 154 del 6 luglio 2015). Con il contributivo si moltiplica infatti ilmontante contributivo individuale per il coefficiente relativo all’età del lavoratore alla data di decorrenza della pensione. I nuovi coefficienti registrano un taglio della pensione che, a seconda dell’età, varia da un minimo dell’1,35% a un massimo del 2,50%. In media, nel 2016 l’importo della pensione sarà più leggero di circa il 2% rispetto al 2015.

=> Pensioni: adeguamento 2016 e assegni in calo

Calcolo pensione

Annualmente viene accantonato un ammontare di contributi pari al 33% dellaretribuzione imponibile per i dipendenti, tra il 20% e il 27,72% per gli iscritti alla Gestione Separata INPS e 20% per gli autonomi. La rivalutazione annua dei contributi forma il montante contributivo individuale, ossia il capitale accumulato nel corso dell’attività lavorativa. Per determinarlo occorre:
  • individuare la base imponibile che corrisponde ai periodi di contribuzione obbligatoria, volontaria, figurativa e di riscatto che ogni assicurato può far valere in ogni anno (per gli iscritti alle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti è la retribuzione annua, mentre per gli iscritti alle gestioni previdenziali degli autonomi è il reddito annuo), corrispondente ai periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto, da ricongiunzione);
  • calcolare l’ammontare dei contributi di ogni anno moltiplicando la base imponibile annua per l’aliquota di computo (33% per periodi di lavoro dipendente, 20% di lavoro autonomo).
Il montante viene individuato sommando i contributi di ciascun anno, rivalutati in base altasso annuo di capitalizzazione (risultante dalla variazione media quinquennale del PIL e calcolata dall’ISTAT). Una volta raggiunti i requisiti per la pensione il montante accumulato e rivalutato va moltiplicato per il coefficiente di trasformazione .

=> Calcolo pensione con sistema retributivo, contributivo o misto

Coefficienti di trasformazione 2016

Coeff_2016
 Per approfondimenti: Decreto 22 giugno 2015.